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Quando nel 1915 gli uomini furono chiamati in guerra, le donne iniziarono ad occupare il loro posto nella società. Dall'essere delle casalinghe, abituate ad accudire i bambini o ad occuparsi della casa, divennero membri attivi dell’economia e della collettività. Mentre la memoria e l’immagine maschile di quel tempo, sono caratterizzate dall’orrore della battaglia, alcune testimonianze orali di donne lasciano trasparire, invece, come questo cambiamento di attività professionali abbia procurato un senso di orgoglio e abbia permesso di accrescere la fiducia in se stesse. Bisogna dire, comunque, che alcune donne erano già abituate a svolgere piccoli compiti nel campo dell’agricoltura e nell’industria tessile. Con questo “scambio di ruoli”, invece, iniziarono ad occuparsi anche di lavori più pesanti, come accudire il bestiame e utilizzare le macchine agricole. Inoltre, iniziarono a lavorare in nuovi ambiti, come la metallurgia, la meccanica, i trasporti e a svolgere mansioni di tipo amministrativo, senza contare quelle che erano occupate ad assistere i feriti sul campo di battaglia e negli ospedali come infermiere.
A questa emancipazione sociale, purtroppo, non corrispose alcuna libertà personale: spesso nelle case rimanevano gli anziani, che continuavano ad esercitare il controllo. Inoltre, i moralisti e i tradizionalisti non accettavano il continuo accrescimento dell’importanza delle donne all’interno di una società prettamente maschilista. Loro, infatti, vedevano la presenza femminile nelle fabbriche come una situazione di emergenza temporanea, poiché la giudicavano una cosa contro natura e immorale. Non bisogna dimenticare che le donne in Italia ottennero il diritto al voto solo nel 1946 ed ancora lungo sarebbe stato il loro percorso di emancipazione sociale ed economica.

Scritto da: Luana Gravina, Valeria De Caro, Anna Maria Stellacci, Sabino Dalila.

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