IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Giovedì 14 marzo, noi studenti di alcune classi del nostro liceo, abbiamo vissuto una bella esperienza di “scuola fuori dalla scuola”.

Abbiamo visitato, all’interno della chiesa di San Domenico Maggiore, in città vecchia, una mostra fotografica dal titolo “La lunga notte della Madre”. La mostra ha come fine il racconto del pellegrinaggio dell’Addolorata attraverso scatti fotografici che rendano tutte le sfumature dell’antico rito, appartenente alla ricca tradizione tarantina intorno alla Settimana Santa. Per i tarantini il tempio tardo romanico di San Domenico è la casa dell’Addolorata. Da qui la venerata immagine della Vergine la notte del Giovedì Santo “scende” tra vicoli e strade, accompagnata dai confratelli della confraternita a lei intitolata, guidando la schiera delle madri e dei fedeli in preghiera. Il tempio di San Domenico è testimone di oltre sette secoli della storia della nostra città, ma è a metà del Settecento che viene introdotta la devozione per la Vergine Addolorata che poi porta, nel corso dell’Ottocento, alla costituzione della Confraternita dell’Addolorata, aggregata alla preesistente di San Domenico. Nella cappella a lei intitolata, tra le belle colonne tortili che ornano l’altare, il venerato simulacro della Vergine attende il Giovedì Santo. Il corteo dei confratelli dalla mozzetta nera si snoda, a partire dalla mezzanotte, lungo il pendio San Domenico, raggiunge Via Garibaldi, attraversa il Ponte Girevole, le vie centrali del Borgo, fino all’Istituto Maria Immacolata, dal quale, dopo una breve sosta, rientra a San Domenico. Il pellegrinaggio dura circa quattordici ore e si conclude nel corso delle prime ore del pomeriggio del Venerdì Santo. Il troccolante è colui che apre e precede la processione, composta dalle “pesare” - due bambini che reggono al collo dei simbolici pesi- dalla Croce dei misteri, e da quindici coppie di confratelli separate dai tre crociferi, gli unici scalzi del corteo. La statua è sorretta da lunghe assi di legno ed è preceduta dal “trono”, ovvero l’unione della “prima posta” con il “bastoncino”, portato dal priore.

Abbiamo appreso tutte queste affascinanti informazioni dalla nostra esperta e appassionata guida, il Signor Francesco Di Giorgio, e abbiamo potuto meglio comprendere il senso di un rito al quale abbiamo spesso assistito prima con i nostri genitori, quando eravamo piccoli, e poi con i nostri amici, ora che siamo cresciuti. E’ stata un’esperienza importante perché ha arricchito le nostre conoscenze su tradizioni che ci appartengono da sempre e che alimentano il nostro legame alla nostra terra e alla nostra cultura. Una bella occasione per accrescere il senso di appartenenza e dare spessore alla nostra identità cittadina.

Rosalba Nigri 5^ Aes

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