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“Memento audere semper”: ricordati di osare sempre, questo è uno dei principali motti di D’Annunzio ed anche ciò che ha fatto di lui una figura eclettica del Decadentismo. L’autore nasce nel 1863 e si presenta sin da subito come un personaggio di spicco, sempre orientato verso il massimo piacere, che renderà la filosofia della sua vita e attraverso cui darà alla luce il movimento dell’Estetismo. Impulsivo, tempestoso e senza limiti ancora oggi rappresenta uno degli autori più discussi nella cultura italiana. Il suo modo di vivere è sicuramente una delle maggiori peculiarità che si attribuiscono all’autore, come anche l'eclettismo che lo contraddistingue; questa parola deriva dal greco eklektikos e indica la voglia di fare più cose contemporaneamente e mettersi in gioco su più punti di vista. Egli infatti ha spaziato dalla narrativa alla poesia, dallo sport alla pubblicità, e in quest’ultima in particolare D’Annunzio fece molto scalpore facendo pubblicare il suo necrologio per pubblicizzare le sue prime raccolte di poesia, ma non solo, fu anche il fondatore del nome dei biscotti “Oro Saiwa”.  Ad ogni modo la vera domanda che dobbiamo porci è: una vita eclettica all’insegna del piacere e della massima esplorazione, incarna un pregio o potrebbe trasformarsi nel suo più grande difetto? Ad oggi sarebbe possibile portare una vita così all’estremo?
Oggi prevarrebbe sicuramente l’idea che di tutto questo non si possa sicuramente parlare di un pregio, prova ne è il periodo del 1910, momento in cui D’Annunzio condusse una vita all’insegna del puro piacere e della voglia di fare che si trasformò in sregolatezza tanto che l’autore fu costretto a scappare in Francia a causa dei suoi debiti per un lungo periodo.
Se dovessimo però contestualizzare la vita di D’annunzio alla modernità, potremmo immaginare un’esistenza sfrenata all’insegna della droga, delle passioni, della discoteca e del puro piacere fisico. Ma cosa effettivamente lascia fra le mani tutto questo?
Sarebbe vivere la vita come un’opera d’arte, ma testimone solo di un quadro che può essere visto da tutti ma non apprezzato da nessuno, un palcoscenico in cui si mostra ciò che si fa ma non chi si è realmente. Viviamo in un’epoca in cui soprattutto noi giovani cerchiamo illusioni a cui poter credere per rendere la nostra vita più bella e soddisfacente, purtroppo però si tratta di false illusioni, mentiamo anche a noi stessi su ciò che siamo realmente. Dunque molti pensano che D’Annunzio, nonostante presentasse tante novità, restando così un personaggio originale nel panorama letterario, abbia fatto tutto in modo superficiale e rischioso.
D’altra parte però è anche vero che la sua tendenza ad esprimere sensazioni, emozioni e la sua totale dominazione dai suoi sentimenti lo ha portato a compiere tantissime opere meravigliose, tra cui il romanzo “Il piacere”, “Le vergini delle rocce” e “Il trionfo della morte”. Anche ad oggi il totale inseguimento del piacere non porterebbe altro che a tormentare vite prive di significato seppur ricche di esperienze. Inoltre si potrebbe guardare all’autore come la rappresentazione del superuomo di Nietzsche, che sembra essere un proseguimento naturale del suo Estetismo: un individuo forte che si distacca da ogni convenzione sociale, che rinasce come spirito libero e quasi animalesco contro le restrizioni del vivere civile e quindi della società.
Sarà anche vero che il dominio delle passioni e una vita all’insegna del piacere regalano ispirazione per la costruzione di opere meravigliose, d’altra parte però la sregolatezza di una vita priva della continuità e dei valori fondamentali lascia un vuoto incolmabile dentro.
A questo punto quindi ci porremmo la stessa domanda: “Sarà stato dunque un  pregio o un difetto l’eclettismo di D’Annunzio?”
La risposta più ovvia e sensata sarebbe che forse si tratterebbe di un difetto.
Giulia Milella - classe 5^BU Liceo delle Scienze umane "Bianchi Dottula" Bari 

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