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Seppure il ‘600 sia effettivamente un secolo di cambiamento, molti ritengono in realtà che sia un periodo di scompiglio, oscuro quasi quanto il Medioevo stesso. Un esempio potrebbe essere quello della storia di Artemisia Gentileschi, una delle prime pittrici donne di cui si sia mai parlato. La sua vita è stata resa famosa dalla sua arte.
Il suo mestiere è una delle due ragioni che la rende oggi ancora famosa, perché pieno di conoscenza e tecnica, acquisita nella sua casa d’infanzia, dove per via di suo padre, venne a contatto con molti pittori famosi, tra cui Caravaggio, da cui la sua arte prende spunto. Era orfana di madre e suo padre, incentivò la sua vicinanza, e in seguito amicizia, con la vicina di casa Tuzia. 
Ma purtroppo, la vita per lei non aveva in serbo solo fama. Nel 1611, la Gentileschi non fu ammessa agli studi di pittura, per questo iniziò a seguire lezioni da Agostino Tassi, intimo amico di suo padre: la pittrice venne stuprata dal suo insegnante di prospettiva. La piega che presero le vicende da quel momento in poi, fu ai limiti del normale all’alba dei nostri tempi, dove temi come lo stupro sono affrontati e discussi in tutti gli ambienti. 
La vicenda ebbe inizio nel momento in cui Tassi iniziò a farle la corte insistentemente, fino a quando un giorno si ritrovò in casa da sola con lui. Artemisia venne messa sotto accusa per una sua stessa denuncia, fatta a nome di suo padre, dato che a suo nome non si sarebbe mai potuta fare, perché donna, nei confronti di un uomo che non avrebbe potuto rimediare al gesto con il matrimonio riparatore, perché già sposato. In pericolo vennero messe le sue stesse dita, dato che l’interrogatorio fu fatto sotto tortura. Una doppia punizione istituita dalla società del tempo di fronte alla disgrazia che le era accaduta e di fronte alla tortura che le venne addebitata: non su una semplice parte del suo corpo, ma l’unica che le permettesse di esprimersi al meglio, come pittrice, ma soprattutto come donna cosciente della sua indipendenza, del suo coraggio e della sua forza. Ella venne anche denigrata per un accaduto nel quale, lei non era nient’altro che la vittima. 
Agostino Tassi, fu dichiarato colpevole, e, dopo una carcerazione di otto mesi, per lo stupro, alla sua scarcerazione venne accusato di sodomia, furti e debiti.
Mettendo le carte in tavola, per quanto la storia di Artemisia Gentileschi sia uno di quei racconti dalla natura ingiusta e inspiegabile, anche se con molta difficoltà, può essere guardata con una prospettiva molto differente da quella tragica. Siamo nel XVII secolo e una donna è stata capace, forse per la prima volta, di denunciare uno degli episodi peggiori che possano mai capitare. 
Certo, ha dovuto superare torture, diffamazioni e vergogna immeritata, ma prima di allora, si era mai sentita la storia di una donna, che come lei, aveva lasciato il marito per trasferirsi assieme alle figlie in un altro paese per inseguire il suo sogno? Una storia che forse è assurda anche per noi da ascoltare, che viviamo in un mondo dove a essere lasciata è spesso la donna, che non è nemmeno capace, economicamente parlando, di sostenere il costo di figli a carico. 
Dal sito “www carabinieri . it“ attraverso una indagine ISTAT del 2006 condotta su un campione di 25.000 donne tra i 16 e i 70 anni sono emersi dati allarmanti. Sono più di 6 milioni le donne dai 16 ai 70 anni che hanno subito abusi fisici o sessuali nell’arco della loro vita. Sono 2 milioni le donne che hanno subito violenza domestica dal partner attuale o da un ex partner, mentre 5 milioni di donne hanno subito violenza fuori dalle mura domestiche. Gli autori delle violenze sono sconosciuti (15,3%), o persone conosciute superficialmente (6,3%), a volte apparentemente insospettabili come amici (3%), colleghi di lavoro (2,6%), parenti (2,1%), partner (7,2%) o ex partner (17,4%). 
La cosa ancora più spaventosa è che questi dati non sono nemmeno veritieri al 100%, in quanto sono stati svolti solo sulle donne che hanno sporto denuncia. Dietro la paura delle quattro mura, che dovrebbero rappresentare un luogo sicuro, degno di essere chiamato “casa”, ci sono milioni di donne che non riescono, non possono o addirittura non vogliono denunciare. A volte, a spaventarle è proprio l’idea che dopo la confessione della loro verità esse possano passare una vita più difficile di quella che affrontano all’interno di quelle pareti, ammutolite non più da mani forti, ma dalle voci di altri, che forse più forti delle loro, le annullerebbero come persone. 
È proprio per questo che Artemisia Gentileschi rappresenta uno dei primi manifesti femministici di tutti i tempi. Con essa abbiamo il cambiamento, la trasformazione, la rivoluzione di una corrente di pensiero e di un secolo intero. Si ha forse per la prima volta la metamorfosi di un ruolo, come quello della donna, che non si chiude più nella cucina di casa, tra le mura di una stanza con dei figli a cui badare. Si ha per le mani, la storia e la voce di una donna che si è fatta sentire per quello che può dimostrare e per quello che può essere, per ciò che era già e che non poteva essere ascoltato per colpa della società, per la quale, era arrivato il momento di cambiare.
Amanda Di Ronzo IVBU Liceo Bianchi Dottula - Bari

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