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In prima linea c’è Vienna, capitale dell’Austria, a voler tornare ai muri. A settembre informò, come fece Bruxelles, che avrebbe reintrodotto controlli ai migranti; un mese dopo costruì una rete al confine con la Slovenia per “controllare il numero di migranti in arrivo”; in inverno chiuse i confini con tutti i Balcani scaricando il flusso dei rifugiati alla Grecia, rimasta da sola a sostenerli.

L’Austria ha ottenuto il timbro dell’UE sulla sua politica messa in atto per il blocco dei contatti con i paesi balcanici. Da poco ha iniziato a smontare i guardrail posizionati sull’autostrada del Brennero per costruire una barriera metallica che possa, in caso di bisogno, dividere le due nazioni. Il progetto consiste in una barricata lunga duecentocinquanta metri attraversante l’autostrada come la strada statale e sede di un ufficio di registrazione per immigrati. “Muro dell’indifferenza” lo ha definito papa Francesco, intervenuto sull’argomento con un messaggio scritto dicendo che le barriere sono il vero ostacolo da rimuovere.
Questa iniziativa austriaca è stata vista come un tradimento, un trauma inatteso. Per i sudtirolesi, che avevano accolto come una liberazione la caduta di ogni barriera con la loro “heimat”, il dispiegamento della nuova muraglia, che dovrebbe somigliare a quella stesa dall’Austria lungo i confini della Slovenia, è un salto indietro di decenni, che rischia di riaprire ferite antiche. Il confine al Brennero era allora per i sudtirolesi, amputati dalla madrepatria, un sopruso dolorosissimo. Le scuole solo in italiano, i nomi cambiati qua e là perfino sulle lapidi dei cimiteri e il divieto categorico di parlare tedesco. Decenni di trattative e di negoziati, di buon senso da parte degli italiani e dei sudtirolesi erano riusciti a far rimarginare le vecchie ferite. Finché anche la barriera del Brennero era diventata quasi impalpabile. I muri, i reticolati, il filo spinato riportano la storia indietro. Ma quel che più pesa è che l’Austria non ha nemmeno sentito il bisogno di discuterne.
Pasquale Lobaccaro e Francesco Bassi, 2 B/L
Liceo Classico, Linguistico e delle Scienze Umane “F. De Sanctis”, Trani

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