IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

Avevo una famiglia numerosa e vivevamo in condizioni di degrado; nella capanna eravamo in sei: i miei genitori, io e i miei tre fratelli più piccoli. Inoltre le condizioni igieniche erano pessime, riuscivamo a stento a lavarci una volta a settimana con l'acqua del pozzo con cui si lavava l'intero villaggio. Per via dell' estrema povertà, tutti i figli maschi già nella prima infanzia dovevano iniziare a lavorare come minatori per poter mandare avanti la propria famiglia, attraverso un supporto economico seppur misero, ma fondamentale. Ogni giorno mi alzavo all'alba per andare in miniera. Venivo svegliato in un modo così brusco che solo il pensiero di ciò che mi aspettava mi faceva stare male. L'unica cosa positiva era il fatto che stessi con i miei amici, che come me avrebbero voluto sfuggire a quel destino crudele. Avevo sempre fame, quando finito il lavoro tornavo in capanna sapevo che mi aspettava solo un pezzo di pane duro, che spesso dovevo dividere con i miei fratelli. Quando il più piccolo di loro piangeva perchè aveva ancora fame, gli davo volentier la mia parte, perchè io riuscivo a sopportare il digiuno. Un giorno però, a causa della fame eccessiva, svenni. Mi hanno portato così in una tenda della Croce Rossa dove c'erano dei volontari italiani, e dopo le prime cure riacquisì conoscenza. Un giovane mi chiese perchè non mangiassi da giorni, e io gli raccontai la mia storia e quello che ero costretto a fare per vivere. Gli sembrò talmente assurdo che mi promise che avrebbe fatto di tutto per cambiare la mia situazione. Inizialmente non ci credetti, fino al momento in cui lui e il medico parlarono con i miei genitori. Spiegarono loro che, in seguito ai risultati degli esami ai quali ero stato sottoposto, avevano riscontrato una malattia contagiosa che si sarebbe potuta diffondere, scatenando un' epidemia. Mi dissero quindi, che dovevamo andare assolutamente via dalla Tanzania. I miei genitori, terrorizzati, non osarono contraddire il medico, anche perchè essendo analfabeti non avrebbero potuto alcun certificato. In cuor mio sapevo che tutto questo non era vero, infatti guardando il volontario capì subito che con questa scusa geniale i mei problemi sarebbero potuti finire. Così il giorno seguente lasciammo la capanna e ci trasferimmo in Italia, a Torino. Qui i bambini andavano a scuola e vivevano tranquillamente la loro infanzia. In breve tempo i miei genitori riuscirono a integrarsi e a trovare lavoro, provvedendo così alla nostra istruzione e alla nostra crescita; finalmente riuscì a sentirmi un bambino normale. Sono passati tanti anni. Oggi sono un uomo e ho un lavoro che mi permette di vivere dignitosamente, e di aiutare chi è meno fortunato di me. Infatti una volta all'anno ritorno in Tanzania con un'associazione umanitaria, portando tutto il necessario per quelle persone. Non dimenticherò mai il potere della generosità, la stessa che mi ha permesso di vivere una vita migliore.
Alessia Dell'Atti 3FL, Liceo Pietro Siciliani- Lecce

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