IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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"...Orribil furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei...". Sono le parole di Manfredi, uomo biondo, bello e di aspetto nobile a cui viene associato il simbolo allegorico del perfetto cavaliere, espressione di quella cortesia le cui norme per Dante rappresentano il più alto codice di comportamento civile. Questa la sua avventura, affrontata per volere di “quei che volontier perdona”. Questa è la cantica del Purgatorio, regno del Perdono e della Misericordia divina che si rivela essere a braccia ampie più delle norme che pure la Chiesa si dà per aiutare il cammino di ogni fedele. Manfredi, quindi, si ritrova in Purgatorio, di fatto salvato, mentre sulla Terra è considerato irrimediabilmente perduto.
“e  d i e d i   'l   v i s o   m i o   i n c o n t r’ a l   p o g g i o;   c h e   'n v e r s o   'l   c i e l   p i ù   a l t o   s i   
d i s l a g a”.
Cosa è accaduto nella vita contorta dai mille grovigli, insidiosa tanto quanto il suo nobile animo, così disprezzato da essere scomunicato?. Cosa ne è stato delle sue spoglie flebili, rivolte al vento che cancella ogni sua essenza di vita e speranza?. E quale avverso sentimento che ha suscitato la sua scomparsa nel cuore rinvigorito della sua “giovine” figlia?.
La storia narra che dopo l’inaspettato addio causato dalla fugace morte del padre (dannato tra gli Epicurei), per successione, Manfredi divenne reggente della Sicilia e dell’ Italia Meridionale per poi lasciare il posto al suo fratellastro Corrado IV dalla Germania, che anch’egli logorato internamente dalla malattia, non riuscì a governare come desiderava. Manfredi mantenne la reggenza al posto del figlio dell’imperatore, Corradino, troppo giovane per regnare. A causa di ciò, egli entrò in conflitto con la Chiesa per il dominio del regno di Napoli che il papato considerava come proprio feudo, in quanto, il papa Innocenzo IV , essendo tutore di Corradino, era il legittimo erede di tale possedimento. Si verificò in tal modo la scomunica e la lotta con la Chiesa ebbe inizio. E proprio al volere del Pontefice si deve la dissipazione delle ossa di Manfredi, portate a torce spente lungo le sponde del Liri, sconfitto e ucciso nella battaglia di Benevento. Le scomuniche ecclesiastiche non gli impediscono di potersi pentire e ricevere nuovamente l’amore di Colui che tutto può, finchè la speranza è ancora viva e la vita non ancora spenta.
Dante nella sua insigne opera intitolata “Divina Commedia”(1472), lo colloca nell’Antipurgatorio, rendendolo artefice delle parole esplicitate e dei gesti compiuti, gli stessi che portano scalpore e attonimento quando svela la sua identità mostrando i segni che ne hanno scolpito il corpo rendendolo quello che è agli occhi di chi lo ammira. 
Ma cosa pronuncia verbalmente in sillabe dettate rivolgendosi a Dante?. Vuole forse “trascinarlo” con sé in quel tunnel putrido da cui uscirà una volta scrutata la luce, a contatto con il Paradiso?.
È la salvezza della preghiera la vera “chiave”, che vorrebbe far comprendere a sua figlia Costanza che è ignara di tutto l’accaduto, ed è ancora convinta che Manfredi alloggi nell’Inferno. 
Da sempre, risulta tipico della gente comune, giudicare sulla base di apparenze esteriori che balzano in attimi labili agli occhi. È il vero essere l’efficacia e nessuno mai dovrebbe giudicare la ripugnanza che si intravede a battito di ciglia. 
Facciamo esperienza degli estranei solo come apparenze, in modo che ciò che si vede esaurisce ciò che essi sono.
 Marika Mazzone IV Bu, Liceo Bianchi Dottula - Bari

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