IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Perché inizio la mia riflessione con un’affermazione così risoluta? Semplice, perché è vero; a dimostrarlo è il colloquio di Carlo Azeglio Ciampi, niente meno che il presidente della Repubblica dal 1999 al 2006, con il giornalista Alberto Orioli.Ciampi riferisce che durante il suo soggiorno a Lipsia, quando insegnava l’italiano nei corsi serali, i tedeschi restavano estasiati dalla musicalità di poesie come la “Pioggia nel pineto” di D’Annunzio, malgrado non capissero all’inizio quasi nulla di ciò che egli andava leggendo.
Un episodio simile è raccontato anche da Primo Levi in “Se questo è un uomo”: lo scrittore recitò parte del canto di Ulisse della "Divina Commedia" a un giovane alsaziano che conosceva il francese e il tedesco, e voleva imparare anche l’italiano, e il ragazzo ne rimase incantato. Ciampi afferma che la lingua italiana è nata proprio dal capolavoro di Dante Alighieri. Ed è proprio da questo punto che voglio partire, facendo qualche riflessione sul noto poeta fiorentino. Il primo a porsi il problema della lingua e ad operare un tentativo per risolverlo fu Dante. Questo tentativo fu costituito dal “De Vulgari Eloquentia”, un’opera scritta in latino in quanto rivolta ai chierici, cioé ai letterati di professione. L’obiettivo di Dante, esplicitato in questo trattato, era quello di creare una lingua volgare che avesse in sé gli aspetti migliori delle singole parlate locali, e che si sottraesse all’egemonia latina. Per Dante il latino non era la lingua madre o capostipite, bensì il risultato di una complessa elaborazione logica. Per quanto riguarda i dialetti, invece, il poeta riteneva che nessuno dei quattordici volgari che egli identificava in Italia potesse essere quello da scegliere per le opere dei letterati. In quanto uomo politico, Dante diceva che l’unificazione della lingua si sarebbe ottenuta con l'unificazione nazionale. Non essendo possibile ciò, questa nuova lingua si sarebbe potuta ottenere dalla purificazione dalle forme rozze dialettali che ogni poeta avrebbe dovuto compiere per il proprio dialetto, ottenendo così un risultato simile in tutta la penisola. Inoltre questa lingua doveva possedere quattro caratteristiche: illustre (doveva dare onore a chi la usava), cardinale (doveva fungere da cardine attorno al quale giravano le parlate minori), aulico (cioè degno d'essere ascoltato in una corte regale), e curiale (poteva essere parlata nelle assemblee legislative). La dimostrazione del fatto che una lingua volgare potesse avere grande eleganza e servire a discutere di problemi filosofici, politici e culturali è la "Divina Commedia".
Tuttavia, una riflessione importante da fare sul “De Vulgari Eloquentia” di Dante è che, nonostante il trattato fosse in difesa del volgare, era scritto in latino, l’antivolgare per eccellenza. Ma perché il nostro amato poeta avrebbe fatto ciò? Perché si stava rivolgendo ai letterati, o perché neanche lui sapeva in quale lingua i poeti avrebbero dovuto scrivere le loro opere? Un’altra questione interessante da approfondire è quella relativa al fatto che, nonostante Dante volesse promuovere una lingua volgare, egli squalifica tutti i quattordici dialetti in partenza, mettendo in dubbio l’utilità del trattato stesso. Che spiegazione possiamo dare a ciò? La lingua perfetta voluta da Dante si trovava solo in parte in alcuni dialetti e integralmente in nessuno, perché questa fantomatica lingua esisteva soltanto nella sua mente, e non nella realtà. Perciò egli non si attiene alla teoria linguistica elaborata nel suo trattato, ma decide di privilegiare il volgare fiorentino, ed è questo il modello linguistico che ci offre nella "Divina Commedia". Tale modello sarà riproposto dai grandi Trecentisti (Petrarca e Boccaccio) e, nell’Ottocento, da Manzoni.
Ma parlando della nostra lingua al giorno d’oggi, cosa possiamo dire? Per prima cosa, oggi in Italia non è solo l’italiano la lingua ufficiale, ma anche il francese in Val d’Aosta e il tedesco in Alto Adige, senza contare le innumerevoli parlate locali dialettali presenti in tutto il nostro Paese. Più in generale, invece, posso affermare che l’italiano, benché lungi dall’essere parlato tanto quanto l’inglese o lo spagnolo, è una lingua fantastica, ricca di sfaccettature, purtroppo però è proprio questa sua complessità a non permetterle di essere così tanto comune e diffusa come le altre. È una lingua speciale, antica in quanto esistente da otto secoli, ma anche moderna dato che è in continua evoluzione. Infatti è necessario aggiornare costantemente il nostro dizionario, e sono queste piccole cose a farci capire quanto l’italiano sia ricco, non solo in termini lessicali, ma anche culturalmente, dato che nel tempo si è sempre trasformato a causa delle molteplici invasioni da parte di altri popoli nel nostro Paese. A dimostrazione di ciò basta sfogliare un dizionario italiano: noteremo diversi termini di origine straniera a differenza del francese, per esempio, che ha sempre rifiutato influenze estere. Dall’altro lato invece posso anche dire che l’italiano, essendo una lingua neolatina, ha al suo interno numerosi latinismi; ecco quindi perché le cosiddette lingue morte in realtà tali non sono, in quanto vivono nella nostra meravigliosa lingua. Ecco quindi perché l’italiano è una lingua antica, ma anche straordinariamente viva e moderna.
Giorgia Pirrò IV Ce Liceo Bianchi Dottula - Bari

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