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Tra i classici della letteratura moderna trova timidamente posto “Camera con vista” di Eward M. Forster, pubblicato per la prima volta nel 1908. Considerata come una delle opere “italiane” dell'autore, la storia ivi narrata parte subito: l'incontro tra Lucy Honeychurch, timorata signora della borghesia inglese in viaggio in Italia, con George Emerson, giovane schietto e anticonformista, infrange le norme del perbenismo imperante e suscita l'i ndignazione di una società ostinatamente attaccata ai propri pregiudizi e alle convenzioni tacitamente accettate ( Newton Compton Editori).
Forster qui mette su una narrazione tanto semplice e fluida, quanto ricca di sottointesi e suggestioni, a cominciare dalla pensione nella quale alloggiano i vari personaggi nella prima parte del romanzo che sembra quasi uno specchio del mondo di allora, popolato di signorine e signorotti, uomini di chiesa e anziani bigotti. Uno specchio che riflette tutta la sua magra estensione e mette in luce uno dei difetti più grandi del tempo: l'asfittica mentalità.
Anche la stessa Firenze, poi, luogo del fatal incontro, sembra più una città di cartapesta che un reale centro urbano ed europeo. Oggetti, situzioni simboliche talvolta la trasfigurano su un piano metafisico e morale, altre volte la relegano ad un semplice sfondo teatrale.
L'Italia in generale, anche a distanza, si ripresenta, quasi un miraggio, o peggio, un inquietante fantasma, con i suoi paesaggi, con i suoi colori, con le sue sensazioni. Essa è più di una semplice meta da visitare col Baedeker, l'inseparabile guida dei britannici all'estero, è viva, è un luogo dotato di un fascino vago e misterioso che richiede, anzi esige, di essere percepito in maniera carnale; per comprendere appieno il significato segreto del bel paese bisogna infatti mettersi in gioco e allontanarsi da una visione stereotipata e convenzionale, in un percorso graduale di autoaffermazione e scoperta di sé. Il richiamo alla vita, messaggio di tutta l'opera, sarà troppo forte anche per la stessa Lucy che, destatasi dal torpore delle “buone norme”, tornerà in patria con occhi nuovi, occhi che per la prima volta non saranno più ciechi.
Nelle sue pagine Forster si mostra versatile poiché altalenando momenti di prosa più semplice, ad altri più forbiti, intreccia una narrazione dalla prospettiva onnisciente ad una più innovativa che, rompendo la quarta parete, può farsi beffe persino dello statuto del narratore, anticipando così una tecnica tanto cara ai Postmoderni. Egli può essere definito come uno scrittore insidioso: quando si pensa di averlo compreso per davvero, di averlo afferrato, lui è lì, che ci presenta un nuovo colpo di scena.
Ivan Centola VAu Liceo Bianchi Dottula - Bari

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