IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Se al primo gelido inverno o alla prima folata di vento l’albero dovesse morire o spezzarsi, vorrà dire che saranno state le radici in primis a subire un mal funzionamento. Ognuno può avere un rapporto più o meno positivo con le proprie radici, ed è a partire da ciò che nasce nell'io un'insicurezza o un'ambivalenza. Vizio solito dell'uomo è quello di rendersi conto sempre troppo tardi della bellezza e della purezza di ciò che ormai ha perso e di rimanere ingabbiato, poi nel rimorso di non aver goduto a pieno di ciò che aveva a un passo de sé. Questo avviene nel brano tratto da "La coscienza di Zeno”, noto namanzo di Italo
Svevo, narra dell’episodio più significativo della vita del protogonista: la morte di suo padre. L'episodio avviene attorno al letto di morte del padre di Zeno, il quale, sotto consiglio del medico, vuole costringere il padre irrequieto a stare a letto e riposare. Immediata è l'opposizione del padre alla volontà del figlio e dei medici che con le poche forze che gli rimangono, cerca di sfuggire al comando. L'ultimo sforzo prima di chiudere gli occhi per sempre lo compie cercando di dare uno schiaffo al figlio che in realtà risulta quasi come una carezzo vista la lieve forza impiegata. Solo nel momento in cui l'uomo cade sul pavimento, ormai morto, prende vita in Zeno un forte senso di colpa dovuto al fatto di non poter più dimostrare in nessun modo di essere innocente. Proprio per questo urla che fosse solo colpa del dottore e promette che lo lascerà libero di muoversi. Sia le urla che la promesse saranno vane visto che il padre l’aveva già abbandonato per sempre. A partire da questo episodio Zeno tenta di autogiustificare a sè stesso il proprio comportamento mentre il padre era in vita, ma in realtà rimane incastrato in un senso di colpa che lo tormenta e lo porta a vivere nel rimorso di non aver mai potuto dimostrare al padre, mentre era in vita, la propria innocenza. Se Zeno per avendo avuto l’occasione di godere della presenza del padre non ne approfitta, c'è chi sin da bambino non ha questa possibilità, o meglio l’aveva ma gli è stata strappata! Giovanni Pascoli a soli dodici anni perde il tanto amato padre il 10 agosto, notte di San Lorenzo. In sua memoria scrive una poesia maitolata proprio “ X Agosto “ in cui paragona il padre ad una rondine che non fa ritorno al proprio nido in cui ci sono i piccoli rondinini che l'attendono. La sofferenza dovuto alla perdita precoce del padre, che fu assassinato porta il poeta a provare un sentimento di protezione nei confronti del proprio
"nido" e di diffidenza nei confronti di chi non ne fa parte. In un altro suo capolavoro ossia “Il gelsomino notturno” il poeta si definisce “un’ape tardiva” la quale trova tutte le celle dell'alveare occupate e ciò trasmette un sentimento di solitudine. Il poeta non è mai riuscito e creare un proprio nucleo familiare perché rimasto ancorato al nucleo familiare originario che vuole proteggere a tutti i costi dalla cattiveria umana, che si trova al di fuori di questo.
Anche Pirandello analizza le dinamiche coniugali nel suo più noto romanzo intitolato "Uno, Nessuno, Centomila" nel quale la moglie del protagonista, Vitangelo Moscarda, gli rende noti i suoi difetti dai quali prende vita l'analisi interiore di Vitangelo e una seguente frattura dell'io che lo porterà alla follia. Tramite una metafora il protagonista m dice che per la moglie i sui difetti sono piccoli come "sassolini", ma per lui diventeranno "montagne insormontabili".
Ciò a dimostrazione del fatto che i due coniugi diano valore differente al peso delle parole che arriveranno a pesare così tanto sul protagonista da schiacciarlo e portarlo alla follia. La stessa grande differenza di valori viene presentata da Svevo in “ La salute malata di Augusta “. Sin dal titolo ossimorico si palese il fatto che la presunta “salute" di Augusta fosse in realtà pura "malattia". Lei era vista de Zeno come modello ideale, grazie alla quale lui avrebbe ottenuto la tanto desiderata affermazione sociale. La salute della donna consisteva nella fermezza delle proprie idee, nella sua calma e pace interiore tanto invidiata dal protagonista. Lui si renderà conto che la salute della moglie è speculare alla sua malattia in quanto basata su valori effimeri, superficiali e vani... insomma lei era la vera malata. Sin dai tempi nasce l'amara tradizione dei matrimoni per convenienza soprattutto economica, che ancora aggi persiste nella società, che è divorata dalla voglia di arricchirsi in ogni modo possibile, tentando la scalata sociale. C'è chi non apprezza l’umiltà delle proprie radici e arriva addirittura e vergognarsi di queste, tanto da allontanarsene. Giovanni Verga ne “I Malavoglia” affronta questa problematica tramite l’ostile rapporto tra Padron N'toni e il giovane N'toni, rispettivamente nonno e nipote. Il giovane N'toni osservando la figura del nonno, decide di prenderne le distanze perché rivede in lui il proprio futuro e non si tratta di un futuro ricco e dedito alla bella vita, bensì di un futuro umile, consumato dalle fatiche del lavoro. Così facendo, è come se, il nipote rinnegasse le proprie radici pur di fuggire dalla propria immobilità sociale. Si può concludere che la famiglia è la prima istituzione con la quale ci si interfaccia sin dai primi attimi di vita e rimane costante durante tutto il corso della vita nonostante gli ostacoli e le difficoltà. Ognuna è diversa, ma proprio per questo unica e speciale. Le difficoltà e i “momenti no" capitano ed è proprio a partire da questi che i legami, piuttosto che spezzarsi, dovrebbero fortificarsi. Bisognerebbe imparare ad apprezzare i propri cari nel momento in cui li si ha vicini senza mai rinnegare le proprie radici perché è grazie a queste se siamo ciò che siamo nel nostro presente e ciò che saremo nel nostro futuro.

 

BIBIANA CHIFFI, VBU, LICEO "BIANCHI DOTTULA", BARI

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