IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Alla domanda “chi è l'uomo?”, gli antichi, come i moderni, rispondevano prevalentemente con due posizioni opposte: “l'uomo è il suo corpo” oppure “l'uomo è la sua anima”. La prima posizione, scientista e materialista, è pure quella oggi dominante nella cultura occidentale. Qui l'uomo è considerato come un animale più evoluto, ma nulla di più. Non vi è questione di anima immortale e di destino ultraterreno. La seconda istanza è fatta propria da una minoranza, convinta che non può essere ridotto alla sola dimensione materiale; tuttavia, spesso questa minoranza crede di trovare la vera risposta nelle religioni orientali, che promettono la scoperta del vero Sé, un Sé divino, nel quale però l’anima umana si dissolve come una goccia d’acqua nell’oceano del Tutto.  
Il narcisismo ha a che fare certo con determinate distorsioni patologiche della personalità (un culto di sé che deforma le relazioni con gli altri e con se stessi, senso di dipendenza e paura, vuoto interiore, ira repressa), ma anche con cambiamenti strutturali della società e della cultura, tra i quali, la burocratizzazione della vita, la medicalizzazione della società e il conseguente terrore della vecchiaia e della morte, l’alterazione del senso del tempo, la proliferazione delle immagini, il culto del consumismo, il fascino della celebrità, i cambiamenti intervenuti nella vita familiare e nei modelli di socializzazione. Questa società viveva del pathos del progresso e della verità. L’epoca tardo-moderna o postmoderna nella quale viviamo ha frantumato sia l’unità del contesto socio-culturale all’interno del quale ognuno di noi agisce, sia l’unità del nostro Io. Si tratta di un processo che indubbiamente ha portato con sé innumerevoli vantaggi materiali e funzionali, come pure un aumento di libertà individuale. Ma oggi ciò che sembra vacillare è proprio la centralità dell’uomo e della sua libertà. Siamo quindi di fronte a un processo paradossale che esprime assai bene quella che potremmo definire come l’irresistibile ascesa. A differenza degli altri animali, gli individui hanno bisogno di molto tempo per “trovarsi”, per imparare a dire “io”, per condurre una vita all’insegna dell’autonomia, della libertà e della responsabilità; necessitano di relazioni significative con altre persone che li amino e che sappiano schiudere loro la bellezza del mondo e della vita. Ciò che siamo dipende in primo luogo dalle persone che ci hanno amato e dall’educazione che abbiamo ricevuto. L’essere è un animale relazionale, non una monade autoreferenziale. Ha bisogno di sentirsi parte di una storia; non sopporta di essere solo, gettato nel mondo, senza speranza. Ma che cosa si può auspicare in una società che fatica a pensare al futuro?. Emile Durkheim giustificava quella che definiva la “necessaria coercitività” dei fatti sociali, dicendo che, senza le norme sociali, sarebbe rimasto vittima dei sui desideri senza fine. Mai e poi mai avrebbe potuto immaginare che proprio a questo avrebbe puntato l’odierna società dei consumi. 
Alla domanda “chi è l’uomo”? Un paradosso? Pascal risponde che egli è definito dalla sua tensione verso l’Infinito, la Felicità, il Tutto e dal suo limite, la sua fragilità, la sua finezza. L’uomo è l’una e l’altra cosa: non “aut-aut” ma “et-et”. Egli è un essere che non si autofonda, non si autogiustifica. Il rischio per la ragione non è solo pencolare tra scetticismo e razionalismo ma anche tra razionalismo e fideismo. Esiste una fede cieca nella ragione, quella di chi attribuisce possibilità che non ha, ed una fede cieca nella fede, quella di chi ritiene che la fiducia in Dio sia un atto irrazionale, in cui l’uomo deve abdicare al proprio pensiero. Se la ragione umana, come già per Galilei e Newton, è posta di fronte a realtà che la superano la fede permette di accedervi, ponendosi “al di sopra” e non contro la ragione. 
L’insigne medico austriaco Sigmund Freud (1856-1939) compie una rivoluzione della mentalità, cercando di dare una spiegazione ai problemi psichici, prima considerati organici. Ed è qui che fonda la psicoanalisi: alla base di ciò, c’è l’iceberg diviso in istanze. La parte superiore quasi osservabile al mondo esterno è composta da ragionamento logico, pensiero volontario e azioni. Il sistema inferiore viceversa, quasi impercettibile, è costituita da emozioni, memoria inconscia, sogni, istinti, impulsi e tanto altro. L’uomo è astrazione separata dal mondo? No, nasce dall’incontro con il suo prossimo umano. Si apre a partire dal volto umano. L’esistere non giunge a se stesso, non nasce alla vita, non diventa esistenza, coinvolgimento, accoglienza senza innamoramento. Solo così appare un altro sapere: non sarà più un vedere, uno scoprire, un prendere con gli occhi della mente e delle mani, ma ritrovarsi scoperti, visti, presi, ammaliati, affascinati, restando vero sapere. Il pensiero risvegliato dal volto è comandato da una differenza irriducibile; pensiero che non è “pensiero di”, ma un “pensiero per”. L’accesso al volto è immediatamente etico. Il volto dell’Altro è spoglio: è il povero per il quale io posso tutto. La relazione si produce come bontà, il Bene non si offre alla libertà, questo è ciò che vi è di più umano. Questo atteggiamento etico cela un individuo vero, ma anche un Dio vero, seppur differente. Ci accorgiamo che il nostro vivere estetico, funziona finché è veramente un’eccezione; ma nel momento in cui diventa la norma,  in cui si diffonde in tutti gli strati sociali, penetrando nei diversi modi di essere e di sentire, esso finisce per vanificare persino le eccezioni, e tutti diventiamo non a caso sempre più anonimi, sempre più impotenti e risentiti rispetto alla realtà che ci circonda.
Marika Mazzone - Liceo "G. Bianchi Dottula" Bari - classe 5BU Scienze umane
 

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