IL GIORNALE ONLINE DEGLI STUDENTI DEI LICEI ECONOMICO-SOCIALI PUGLIESI

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Dopo la crisi e la successiva sostituzione dello Stato Liberale con il modello dello Stato Sociale si credeva di aver raggiunto la stabilità dal punto di vista economico-sociale, in quanto il Welfare State avrebbe garantito non solo i diritti civili e politici già riconosciuti dalle forme statutarie precedenti, ma anche i diritti sociali, cioè tutti quei diritti che garantiscono ai cittadini di vivere dignitosamente, assistendoli nel momento in cui questi si trovino in situazioni sfavorevoli, assicurando loro una serie di servizi pubblici. Ciò nonostante anche lo Stato Sociale si è ritrovato ad affrontare una pesante crisi economica dovuta ad una serie di fattori che hanno minato la sua integrità. La prima grande difficoltà per lo Stato Sociale è l’aumento notevole della spesa pubblica, proprio perché lo Stato deve garantire ai cittadini servizi come la sanità e l’istruzione. Tutte queste spese non sono poi sostenute dalle entrate dello Stato, poiché la pressione tributaria imposta sui cittadini non riesce a coprire la spesa, creando il debito pubblico. Questa implicazione economica non ha fatto che squilibrare la situazione sociale, creando maggiori disuguaglianze tra la classe operaia e la classe dirigente, in un mercato del lavoro che richiede sempre più mobilità e flessibilità del sistema produttivo. Non solo ha provocato un passaggio netto ad una società dei servizi e dei consumi, ma ha anche modificato il modello occupazionale, indebolendo la tradizionale divisione del lavoro tra i due generi, creando una maggiore emancipazione della donna. La famiglia, istituzione fondamentale in quanto mediatrice tra lo Stato e la società, sta perdendo questo suo ruolo decisivo a causa della instabilità creata dalla ridefinizione dei rapporti di genere e dalla scelta di procreazione limitata che crea un altro fattore di crisi: l’invecchiamento della popolazione. E’ un fattore incisivo, perché ha diverse ripercussioni sulla società. In primis crea l’improduttività dello Stato stesso, poiché la forza lavoro è ridotta rispetto agli anni precedenti; questo comporta un aumento notevole della spesa pubblica, che deve provvedere all’erogazione di prestazioni in quantità maggiori rispetto a quello che precedentemente era tenuta a fare. Si crea una cattiva ridistribuzione della ricchezza che lo Stato non riesce a sopportare, aumentando il debito pubblico. Tutto è messo in discussione, a partire dal lavoro, il primo settore che risente della situazione economica. La crisi dello Stato crea inflazione, che è un grosso problema per la classe operaia, che diventa sempre più povera spendendo tutte le proprie risorse in un mercato sempre più caro, dove gli unici a guadagnarci sono quelli che da questo settore ricavano profitto. La disintermediazione bancaria toglie liquidità al sistema economico, precludendo le possibilità di finanziamenti alle famiglie e ai piccoli imprenditori. Come uscire dunque dalla crisi e ritrovare la stabilità perduta? L’ipotesi del ritorno al bilancio in pareggio è esclusa, poiché è impossibile tagliare la spesa pubblica creando stabilità tra le richieste. L’unica soluzione è quella di eseguire manovre che garantiscano una ripresa del sistema economico, incrementando lavoro e produzione,diminuendo le differenze sociali tra ricchi e poveri.

Laura Gadaleta, V sez. C/ Sc. Um. opz Economico-Sociale

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